Lo scorso 23 aprile, Smartcat ha organizzato una conferenza in streaming della durata di 12 ore per analizzare gli effetti della pandemia di COVID-19 sul mercato economico mondiale e, di riflesso, su quello del settore linguistico, focalizzandosi sulle grandi e piccole aziende fornitrici di servizi linguistici e sul loro rapporto con clienti, dipendenti e fornitori (freelance compresi). La conferenza ha mostrato anche una panoramica di possibili scenari futuri, tenendo d’occhio l’importanza della tecnologia e della localizzazione nella ripartenza del settore, con uno slancio decisamente ottimistico.

Fra i 34 relatori provenienti da tutto il mondo (America, Asia, Europa e Oceania), che ricoprono tutti ruoli di rilievo in aziende di servizi linguistici o correlate al mondo della traduzione e della localizzazione, c’erano anche Renato Beninatto e Diego Cresceri, che sono stati anche nostri relatori a La Giornata del Traduttore, rispettivamente nelle edizioni 2017 e 2019.

Condivido con voi sia le riflessioni che ho ascoltato, accompagnate da esempi concreti, sia quelle che ho tratto.

Locfromhome di Smartcat

Panoramica dei cambiamenti in atto nel nostro settore

Secondo Don De Palma, ciò che differenzia questa crisi dalle pandemie e dai disastri naturali passati è che nessun settore è “immune” all’abbassamento della domanda. Anche il settore linguistico ha rallentato, in quanto serve il mercato mondiale ed esiste per soddisfarne la domanda di servizi linguistici: quando tale domanda scende, il nostro settore ne risente. È quindi solo un luogo comune che esso vada in controtendenza e che non risenta della maggior parte dei fenomeni economici. Inoltre, va considerato che ci sono interi settori dell’economia mondiale che non stanno più consumando beni e servizi, basti pensare a tutti quelli che implicano il contatto e la presenza fisica, non ultimo l’interpretariato, che ci riguarda da vicino. Nello specifico, come spiega Julio Leal, i settori più in difficoltà sono quello dei viaggi, del turismo e, di riflesso, delle compagnie aeree e delle strutture ricettive, ma anche il settore automobilistico (sia per la difficile se non impossibile circolazione dei materiali per la produzione, sia perché dopo questa crisi economica l’acquisto di una nuova auto non sarà tra le priorità delle persone).

Tuttavia, se il settore linguistico è stato colpito dal coronavirus nella stessa misura in cui ne sono stati colpiti i settori a cui presta servizio, ciò non vale solo in senso negativo. Oltre ai settori in difficoltà, sono diversi quelli in ascesa in questo momento di crisi: basti pensare alla diffusione dei dispositivi medico-sanitari di autoprotezione, ai sistemi e alle piattaforme online e alle app per le conferenze e per la didattica a distanza, all’e-commerce, alle piattaforme in streaming per l’intrattenimento domestico (come Netflix), ai giochi online, ma anche a quello dell’informazione pubblica sulla COVID-19 da parte dei vari governi del mondo attraverso le conferenze stampa e i siti Web e le app dedicati.

Benché il cambiamento e l’evoluzione del nostro settore siano subordinati a quelli degli altri, tutto il mondo sta vivendo una fase di incertezza inedita: non sappiamo né quando finirà questa crisi né dove ci porterà. E l’incertezza, si sa, genera un sentimento di paura, come sottolinea anche Sara Maria Hasbun. Possiamo dunque scegliere due strade sulla scia di questo sentimento: prendere decisioni illogiche e irrazionali oppure attuare strategie strutturate per cambiare davvero, in senso innovativo e positivo, per esempio sfruttando a nostro vantaggio il processo di digitalizzazione forzata accelerato dalla crisi attuale, dimostrando ancora una volta che il settore linguistico sa adattarsi.

Il ruolo fondamentale della localizzazione e della tecnologia

Considerati i settori in ascesa, la localizzazione sta conseguentemente traendo più beneficio da questa crisi: la grande mole di nuovi contenuti va localizzata, tradotta e sottotitolata. Inoltre, come spiega Renato Beninatto, l’accelerazione dei processi digitali e dell’automazione, unita al già costante cambiamento e aggiornamento della tecnologia e alla proliferazione dei formati di file, creano la domanda di nuove competenze per la gestione dei progetti, di servizi tecnici e di altre attività che stanno tenendo in vita i fornitori di servizi linguistici. Questi ultimi devono però adeguarsi alla trasformazione digitale e a un utilizzo della tecnologia volto a offrire servizi migliori; molti clienti stanno chiedendo loro non solo di localizzare, ma di farlo in più formati perché possiedono diversi canali di distribuzione dei contenuti. 

Anche i settori di assistenza e informazione pubblica in materia di COVID-19 impegnano in positivo il settore linguistico. Secondo Don De Palma, le persone continueranno a richiedere assistenza e servizi nella propria lingua madre non solo durante ma anche dopo la pandemia: benché ormai molte persone si sentano sicure nella comunicazione in un’altra lingua, preferiscono e preferiranno sempre avere informazioni nella propria, perché è la nostra lingua madre che ci fa sentire più sicuri in un periodo di incertezza.

Due esempi concreti in questo senso sono quello dell’Australia e di Singapore.

Come riporta Costa Vasili, durante questa crisi moltissimi australiani non sono stati in grado di accedere alle informazioni sull’argomento COVID-19 (servizi per la collettività, informazioni pubbliche generiche sulla protezione individuale e familiare) nella loro lingua prediletta, considerato che la maggior parte di loro ha altre origini e a casa parla un’altra lingua oltre all’inglese. La sua azienda, Ethnolink, che ha come clienti anche istituzioni governative e organizzazioni non profit, si è posta l’obiettivo di rendere tali informazioni disponibili in tutte le lingue possibili: ha creato una raccolta di risorse multilingue sul coronavirus con informazioni provenienti da autorità sanitarie affidabili, sia a livello mondiale sia a livello nazionale. La raccolta ora è in 69 lingue ed è disponibile gratuitamente online sul sito dell’azienda ed ha avuto una risposta molto alta da parte della community australiana (25000 visualizzazioni). Vasili non esclude che in futuro possa svilupparsi il settore dell’e-health, a patto che le aziende linguistiche si adattino molto rapidamente per soddisfare le esigenze dei clienti (che potrebbero essere anche le associazioni umanitarie) e fidelizzarli.

A Singapore, invece, da due mesi il governo ha istituito una piattaforma unica con tutte le app specifiche in materia di COVID-19 grazie alla sua Agenzia di sviluppo tecnologico. Questa piattaforma si chiama COVTech ed è un chiaro esempio di digitalizzazione dei servizi pubblici. Il governo di Singapore sta valutando di mantenere questa abitudine anche in futuro: digitalizzare i servizi del governo significa usare la tecnologia per mettere in contatto le persone con le aziende, non solo a Singapore ma anche guardando ad altri Paesi. Inoltre, il governo sta mandando comunicazioni ufficiali e istituzionali sul coronavirus via WhatsApp per evitare che sui social si diffondano fake news; lo fa in 4 lingue tra cui malese, cinese e inglese e si serve quindi di IA, MT e post-editing. La localizzazione svolge quindi un ruolo fondamentale e MT e post-editing sono cruciali in questo senso, perché aumentano la produttività, la qualità e il contenimento dei costi del processo di traduzione, oltre a ridurre i tempi in cui queste informazioni passano dal governo alle aziende e ai cittadini.

Le aziende linguistiche nel rapporto con clienti e freelance

In questo periodo delicato, come stanno gestendo allora le aziende che offrono servizi linguistici il rapporto con clienti e fornitori, in particolare freelance, per salvaguardare entrambi e loro stesse?

Quello che è emerso da vari interventi è la tendenza ad aumentare la comunicazione coi primi, focalizzandosi su quelli già esistenti, per trasmettere loro fiducia e, perché no, anche “calore umano” per quanto possibile, in modo da rendere il rapporto più solido e stabile in un periodo che stabile non lo è affatto. Anche i freelance appaiono piuttosto tutelati, sia dal punto di vista della considerazione umana tramite la comunicazione sia da quello del rispetto delle tariffe. I diversi AD che ne hanno parlato non hanno però tralasciato l’importanza della salvaguardia della propria azienda.

Diego Cresceri crede che in questo periodo bisogna dare di più ai clienti, bisogna fare di più. Sottolinea però che Creative Words lavora sì di più, ma non per meno e infatti non ha abbassato i prezzi e, di conseguenza, le entrate. Per quanto riguarda i freelance, piuttosto che chiedere loro riduzioni di tariffa, preferisce agire sul processo traduttivo prediligendo l’assegnazione dei lavori ai traduttori interni (anche per tenerli impegnati). Crede fermamente che alla base della salvaguardia del lavoro di tutti ci sia la buona comunicazione e non ha riscontrato quasi nessuna richiesta di abbassamento dei prezzi, cosa che gli fa ritenere di avere dei buoni clienti. Che questa situazione stia aiutando le aziende anche a discernere tra i clienti che sono validi e giusti e quelli che lo sono meno, per decidere se mantenerli?

Cecilia Enbäck di Translator Scandinavia AB pone al centro le relazioni umane e la fiducia: anche lei crede che bisogna lavorare molto e fare di più per soddisfare i clienti, comunicando di più con loro per stabilire rapporti nuovi e più forti, non lasciando da parte nemmeno quelli che non sono pronti ancora del tutto all’automazione e che ancora preferiscono lo scambio di email e file. In termini di pagamento, crede che bisogna essere aperti sia verso i clienti sia verso i freelance e, per questi ultimi, a livello pratico la sua strategia consiste in una distribuzione equa del lavoro: di meno ma per tutti.

Anche Katja Virtanen sottolinea la centralità della fiducia in questa fase delicata: a suo parere i clienti hanno bisogno sì di IA, tecnologia e automazione, ma ciò che vogliono di più è un partner fidato che abbia un approccio umano sul quale contare. Per quanto riguarda la sua visione di strategia aziendale, per la sua Delingua Language Services ha scelto l’equilibrio: mentre alcune aziende pensano solo alla sopravvivenza a breve termine e abbassano i prezzi accontentando i clienti che lo richiedono, lei ritiene che bisogna invece migliorare e aumentare i propri servizi senza riduzioni di prezzo, se si vuole mantenere lo stesso flusso di cassa e gli stessi clienti.

Krzysztof Zdanowski di Summa Linguae Technologies ha un approccio basato più sulla cautela e la mediazione tra le varie esigenze. La sua azienda si sta concentrando principalmente sui clienti esistenti, comunicando molto di più con loro e monitorando i loro progetti più colpiti da questa crisi. Per quanto riguarda la questione se accettare o meno la richiesta di riduzione tariffaria e, di conseguenza, proporla ai freelance, basa tutto sulla comunicazione aperta e trasparente, senza imporre nulla. Zdanowski racconta di aver chiesto delle riduzioni temporanee volontarie di tariffa con la promessa di compensare tale riduzione nel terzo e quarto trimestre dell’anno: alcuni hanno accettato e altri no, ma dicerto chi non lo ha fatto non verrà penalizzato.

Tutti concordano sul fatto che le aziende del settore non sono nulla senza i traduttori e che, per quanto si possa disporre di un buon sistema di gestione dei contenuti e di tecnologie d’avanguardia, se dietro non si hanno dei buoni specialisti linguistici l’azienda non può funzionare fino in fondo. Vanno quindi rispettati e tutelati, economicamente e umanamente, perché ricorderanno molto a lungo il trattamento che hanno ricevuto in tempi di crisi. E queste considerazioni ci fanno ben sperare.

Uno sguardo al compito sociale della lingua e al volontariato

Stella Paris, nel suo intervento, ha sensibilizzato sia le aziende sia i traduttori sulla responsabilità della lingua nel contrastare la cattiva informazione. La Responsabile dei servizi di traduzione dell’organizzazione non profit Translators without Borders (TWB) ha definito la misinformation come l’insieme delle informazioni involontariamente false (al contrario della disinformation, disinformazione, in cui le informazioni sono volontariamente false e volte a danneggiare gruppi o singoli individui) o imprecise diffuse da utenti che credono che il contenuto delle stesse sia vero, sia a causa della mancata comprensione di tali informazioni, sia a causa delle proprie insicurezze, paure, ansie e di preconcetti non oggettivi. La cattiva informazione è quindi la conseguenza della discrepanza tra conoscenza e informazione e, inoltre, si diffonde profondamente, rapidamente e facilmente attraverso i social media.

L’unica risposta a questo fenomeno pericoloso è la divulgazione di informazioni accessibili e verificate attraverso i fatti in un linguaggio e in un formato che le persone possano comprendere; inoltre, la traduzione deve avvenire ed essere pubblicata il più rapidamente possibile.

Per fare ciò, Paris suggerisce alle aziende del settore di verificare il contenuto delle informazioni parlandone, se necessario, anche con i clienti stessi. Tale contenuto deve essere quanto più chiaro possibile, per essere poi più facile da tradurre e per non incorrere in errori o equivoci che possano alimentare la cattiva informazione. Infine, la chiarezza di contenuti (sia originali sia tradotti) si ottiene tramite l’utilizzo di un linguaggio semplice e comune.

Dal canto suo, TWB ha creato un database terminologico specifico sul coronavirus che include: i termini chiave rilevati durante il lavoro di raccolta informazioni e dati per l’identificazione del sintomo, l’estrazione della terminologia delle ONG partner di TWB e gli argomenti e le tendenze che emergono dai social media. Tale database è completamente aperto e a disposizione di content creator, traduttori, personale medico, organizzazioni varie e chiunque altro ne voglia fare uso. La prima versione è disponibile online in 12 lingue in formato testuale e audio (sono in arrivo altre otto lingue e si spera in un aumento ulteriore in futuro) e si sta lavorando per includere anche metadati, dando quindi il contesto al singolo termine e maggiori informazioni relative allo stesso.

I traduttori professionisti ma anche, e soprattutto, i principianti che volessero sfruttare questo periodo anche per il volontariato possono registrarsi sul sito https://translatorswithoutborders.org/.

Conclusioni

Tenendo presente la frase di Cecilia Enbäck: “Il cambiamento costante è la nuova normalità” (“Constant change is the new normal”), che ho apprezzato particolarmente, ciò che ho tratto è che sia le aziende sia i freelance devono adottare un atteggiamento positivo che abbracci il cambiamento e che veda opportunità laddove gli altri vedono sciagure. Bisogna quindi reinventarsi, pensando prima a CHI si è, COSA si vuole e DOVE si vuole arrivare. In base alle risposte bisogna diversificarsi, migliorarsi e infine collocarsi in uno o più settori e in uno o più mercati.

Bisogna tenere d’occhio i nuovi settori trainanti dell’economia ma anche i nuovi mercati, primo fra tutti quello asiatico: quest’ultimo, come ha illustrato Beninatto, nel 2019 ha registrato una forte crescita nel consumo di prodotti occidentali ma anche in quello “intra-Asia”, soprattutto nei vari media e nei videogiochi. Come ha analizzato Ian Ng, è prevista una crescita economica di Internet nel Sud-est asiatico dai 72 milioni di dollari del 2018 ai 240 milioni di dollari nel 2025, in uno scenario dominato dall’e-commerce, dall’intrattenimento online (specialmente di Iflix, il Netflix asiatico) e, sperando nella fine della pandemia, anche di Gojek e Grab (gli Uber asiatici). In questo scenario, la richiesta di localizzazione si colloca al primo posto. E chissà che la globalizzazione non subisca prograssivamente un cambio di rotta, dal dominio europeo e statunitense attuale a uno asiatico futuro.

Servono quindi competenze tecniche ed è necessario stare al passo con la tecnologia, sfruttando la digitalizzazione e l’automazione. Ma non basta: i rapporti umani, il contatto che tanto ci manca sono fondamentali per il nostro settore (e non solo), e ora che sono limitati ne capiamo fino in fondo l’importanza. È necessario quindi fare rete e stabilire collaborazioni e noi italiani, in particolare, possiamo e dobbiamo sfruttare il vantaggio della nostra italianità in questo senso, visto che il networking è nella nostra natura.

Non è facile far conciliare tutti questi fattori variabili, ma mi piace pensare che noi specialisti del settore linguistico siamo coraggiosi e che sappiamo mantenerci in equilibrio, rimanendo preparati al peggio pur sperando per il meglio.

Martina Stea

Romana, classe 1987, consegue la Laurea magistrale in Letterature e traduzione interculturale nel 2012 presso l'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2017 consegue un Master in Traduzione specializzata tecnico-scientifica nelle combinazioni linguistiche EN>IT ed ES>IT, presso l’Agenzia formativa tuttoEUROPA di Torino. Da allora è felicemente una traduttrice freelance, ma da ottobre 2018 fa anche dell'altra sua passione un lavoro: tra una traduzione e l'altra, infatti, Martina gira il mondo zaino in spalla come coordinatrice di viaggi di gruppo. La sua ambizione è diventare quanto più nomade digitale possibile.

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